
Ecco quali sono le differenze tra il film originale del 1951 di Robert Wise e il remake ecologista di Scott Derrickson con Keanu Reeves…
Analisi del film
Cosa non ha funzionato?
Il tanto atteso remake di “Ultimatum alla Terra” non ha riscosso grandi consensi: per dirla tutta, ha deluso sia gli appassionati della versione originale sia i novizi battezzati direttamente dalla nuova versione.
Eccessiva idealizzazione di un “ordinario” film di fantascienza magari innovativo per quei tempi o idee poco chiare nella realizzazione moderna?
Precisamente cosa è andato storto?
Lo spettatore viziato
Oggigiorno non ci stupiscono più gli effetti speciali e i colori ultravivaci, le scene spettacolari hanno fatto la loro epoca e diventa sempre più difficile meravigliare noi, viziati spettatori del cinema moderno.
La forza dei film di fantascienza anni ’50 era proprio la mancanza di questi eclatanti elementi, che costringeva autori e registi a puntare su trame e sceneggiatura, provando nuove inquadrature ed escogitando soluzioni che colpissero l’immaginazione senza passare necessariamente dagli occhi.
Si tendeva quindi a stimolare tutti gli altri sensi, che non la vista e l’udito, come succede oggi.
Guarda il trailer del film originale qui.
Ultimatum del 1951 in due parole
Il film originale trascinava e coinvolgeva lo spettatore per due semplici motivi:
- il colpo di scena in cui si scopre che la vera minaccia al pianeta non è l’alieno, una forma di vita, ma una macchina, Gort: sembra quasi anticipare il tema tanto caro alle saghe di “Terminator” e “Matrix“
- inoltre stupisce l’atmosfera di ansia che riusciva a creare. Lo spettatore impotente assiste e partecipa alla minaccia di distruzione della Terra accompagnando lungo tutto il film la povera scienziata che deve correre disperata verso il potente robot con una unica frase come arma. Solo una frase, detta da una donna indifesa.La frase “Klaatu Barada Nikto” è quindi divenuta famosa semplicemente perché metteva il lieto fine a quella emozione angosciosa che cresceva pian piano nel film. Tant’è che qualche anno più tardi nella pellicola “L’Armata delle Tenebre” di Sam Raimi, la frase verrà pronunciata nuovamente dal protagonista – Bruce Campbell – proprio nel momento topico in cui fronteggia un essere minaccioso…. e lui non sa che dire.
Nella versione 2008 invece viene detta da Klaatu, e in modo alquanto difficile da capire, durante il primo contatto, quando Gort reagisce subito dopo aver visto i terrestri sparare a Klaatu. Ma è normale che l’alieno possa comandare il robot e la battuta si perde nel rumore, per non parlare della efficace conversazione tra Klaatu e lo scienziato di scuola Einsteniana, che nel remake è ridotta a due banali battute.
Il primo Cyborg distruttore
Lo stesso robot Gort del 1951 riusciva ad essere pauroso nonostante le poche risorse, perché colpiva l’immaginazione con il concetto di una macchina inarrestabile, portatrice del Giudizio Universale.
In conclusione
Nel remake di Scott Derrickson tutto ciò è assente e perciò manca la carica empatica dell’originale, che era comunque diretto da un signor regista (non dimentichiamo che Robert Wise, trent’anni dopo diresse il film “Star Trek: the Motion picture“, che segnò l’ingresso sul grande schermo della saga di “Star Trek“, con ottimi risultati)
La capacità di creare l’empatia con lo spettatore è ciò che si tende a perdere nella odierna cinematografia di fantascienza, dove sembra che conti più l’effetto speciale che il soggetto e la sceneggiatura.
E dire che Derrickson voleva fare un omaggio all’originale “Ultimatum alla Terra“.
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