Ultracorpo è il terzo cortometraggio di Michele Pastrello, che, ispirandosi al film “L’Invasione degli Ultracorpi“, descrive cosa succede quando la fobia e il disagio indotti da una società discriminatoria esplodono nella mente di un uomo comune.
Trama, trailer e recensione.
Trama
Umberto (Diego Pagotto -“L’uomo che verrà”, “Fuga dal Call Center”, “Volevo solo dormirle adosso”) vive da solo, cura il suo corpo e va a prostitute, ma non bastano a risolvere il suo disagio. Per racimolare qualche soldo accetta di recarsi a casa di un omosessuale (Felice C. Ferrara) per delle riparazioni idrauliche. La vicinanza con l’uomo e le sue allusioni si insinuano pian piano nella mente di Umberto fino a quando l’ìrrazionalità prende il sopravvento.
TRAILER ULTRACORPO
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Recensione
Scritto, montato e diretto da Michele Pastrello, apprezzato filmaker indipendente, Ultracorpo adotta un paradigma narrativo in cui fobie e horror si fondono nel thriller socio-psicologico.
Già nei due corti precedenti, “Nella Mia Mente” (vincitore del PesarHorrorFest 2006) e l’ecologico “32” (vincitore del ToHorrorFest 2009), aveva esplorato la paura della contaminazione, dell’intruso, rappresentato da zombie ed esseri deformi, e seguito la discesa delle protagoniste nel labirinto della paranoia e della follia .
In Ultracorpo Michele Pastrello affronta il tema dell’omofobia e per farlo non lesina citazioni a “L’invasione degli Ultracorpi“, film di fantascienza horror del 1956, di cui si vede una scena nel televisore del protagonista.
Nel capolavoro diretto da Don Siegel, creature aliene usavano baccelli apparentemente innocui per penetrare nei corpi degli esseri umani durante il sonno, in modo da assorbirli e copiarli irrimediabilmente in esseri senza emozioni, lasciando al loro posto gusci vuoti. Identici agli originali nell’aspetto ma completamente privi dell’essenza umana, gli ultracorpi si diffondevano come una pandemia mentre un sopravvissuto cercava di avvertire il mondo del pericolo.
Ogni società crea fobie e pregiudizi del suo tempo. Se l’America maccartista subiva la paura del comunismo, nell’Italia del ventunesimo secolo facciamo i conti con la paura del diverso. Così, in Ultracorpo, Michele Pastrello declina la guerra umani-alieni nello scontro tra il “normale” e il “diverso” per raccontare l’esplosione violenta dell’omofobia.
L’ambiguo e insistente omosessuale, ben interpretato da Felice C. Ferrara, da iniziale catalizzatore di un desiderio represso che tormenta Umberto diviene così l’alieno (l’altro) che vuole penetrare nella sua mente durante il sonno, quando le difese calano, per assimilarlo e distruggere la sua umanità.
Ma l’umanità di Umberto, già confinato ai margini della metropoli fotografata da Mirco Sgarzi, è solo apparente, perché la metafora della mamma severa che attende con piede fermo il ritorno del bimbo in un campo assolato, ci fa capire che è stata costruita sui principi rigidi di una società che non ammette deviazioni dal sentiero di una rassicurante “normalità“. E in modo così assolutistico da generare essa stessa ultracorpi che si oppongono con violenza a tutto ciò che attenta alla loro tranquillità. Nel caso di Umberto, il gay che è già dentro di lui.
Ultracorpo dura 29 minuti, efficacemente gestiti dal regista, che non giustifica l’omofobia ma introduce e motiva in pochi dettagli l’ansia sociale del protagonista (il bambino, la prostituta, lo stabilimento fermo, la notizia del pestaggio alla radio), sottolineando con gli effetti di grafica 3D di Alberto Vazzola quegli elementi orrorifici della psiche disturbata che trovano sfogo ideale nella sequenza dell’incubo.
In conclusione, Ultracorpo è un prodotto originale e di tutto rispetto, il cui horror non è eccessivo né gratuito ma finalizzato a raggiungere la radice del malessere per osservarlo con gli occhi del malato.
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